La Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza 2393/2023, ha precisato che l'art. 2087 cod. civ. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva. La responsabilità del datore lavoro di natura contrattuale va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento.
Perciò, qualora sia accertato che il danno è stato causato dalla nocività dell'attività lavorativa per esposizione all'amianto, è onere del datore di lavoro provare di avere adottato, pur in difetto di una specifica disposizione preventiva, le misure generiche di prudenza necessarie alla tutela della salute dal rischio espositivo secondo le conoscenze del tempo di insorgenza della malattia. Si deve quindi escludere l'esposizione della sostanza pericolosa, anche se ciò imponga la modifica dell'attività dei lavoratori, assumendo in caso contrario a proprio carico il rischio di eventuali tecnopatie.
Sul ricorso iscritto al n. 6940/2019 R.G. proposto da: TECNIMPIANTI Spa , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Cornelio Lepote n. 16, presso lo studio dell'avvocato La Marca Lorenzo, rappresentata e difesa dall'avvocato Scalia Giovanni Battista.
Ricorrente
Contro FINCANTIERI S.P.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via L.G. Faravelli n. 22, presso lo studio degli avvocati Morrico Enzo e Di Rosa Antonello che la rappresentano e difendono.
Controricorrente
Contro A.A., B.B., domiciliati in Roma, Piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall'avvocato Agostino Daniele.
Controricorrenti
Sul ricorso successivo senza N. R.G. proposto da: FINCANTIERI S.P.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via L.G. Faravelli n. 22, presso lo studio degli avvocati Morrico Enzo e Di Rosa Antonello che la rappresentano e difendono.
Ricorrente successivo
TECNIMPIANTI Spa , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in Roma, Via Cornelio Lepote n. 16, presso lo studio dell'avvocato La Marca Lorenzo, rappresentata e difesa dall'avvocato Scalia Giovanni Batttista.
Controricorrente al ricorso successivo
e contro A.A., B.B., domiciliati in Roma, Piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall'avvocato Agostino Daniele;
avverso la Sentenza della Corte D'Appello di Palermo n. 1145/2018, depositata il 24/12/2018, RG n. 608/2016;
udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 18/10/2022 dal Consigliere Dott. Antonella Pagetta.
Motivi di ricorso di T. s.p.a.
Motivi del ricorso incidentale di F. s.p.a.
Esame dei motivi del ricorso di T. s.p.a.
11. Il primo motivo di ricorso principale è infondato.
11.1. E' noto che in tema di responsabilità civile il nesso causale è regolato dal principio di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen. per il
quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo nonché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata sulla base del quale,
all'interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano - ad una valutazione "ex ante" - del tutto inverosimili, ferma restando, peraltro, la diversità del
regime probatorio applicabile, in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi, civile e penale: nell'accertamento del nesso causale in materia civile vige, infatti, la regola della
preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non" mentre nel processo penale vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio" (fra le altre, Cass. n. 15453/2011, Cass. n.
16123/2010, Cass. Sez. Un. n. 576/2008); in presenza di più cause possibili ed alternative il giudice deve quindi stabilire quale tra esse sia "più probabile che non", in concreto ed in relazione
alle altre, e, quindi, idonea a determinare in via autonoma il danno evento (Cass. n. 19033/2021); nell'imputazione di un evento dannoso per omissione colposa il giudizio causale deve assumere
come termine iniziale la condotta omissiva del comportamento dovuto; il giudice, pertanto, è tenuto ad accertare se l'evento sia ricollegabile all'omissione (causalità omissiva) nel senso che
esso non si sarebbe verificato se ( causalità ipotetica) l'agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli, con esclusione di fattori alternativi. L'accertamento del rapporto di
causalità ipotetica passa attraverso l'enunciato "controfattuale", che pone al posto dell'omissione il comportamento alternativo dovuto, onde verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il
danno lamentato dal danneggiato (Cass. n. 23197/2018, Cass. n. 24073/2017, Cass. n. 2085/2012).
11.2. La Corte di merito non si è discostata da tale insegnamento in quanto il giudice di secondo grado, con accertamento di fatto ad
esso istituzionalmente riservato, astrattamente incrinabile solo dalla deduzione di vizio motivazionale, neppure formalmente prospettata nel motivo in esame, ha accertato il rapporto di causalità
tra la esposizione del lavoratore alle polveri di asbesto nel corso dell'attività prestata alle dipendenze di T. s.p.a. presso i cantieri della società Finmeccanica e la insorgenza della
patologia che aveva condotto all'exitus il S.DL.; in tale contesto, la responsabilità omissiva della datrice di lavoro, fondata sul generale obbligo di protezione sancito dall'art. 2087 cod.
civ., è stata configurata alla luce delle conoscenze scientifiche maturate a partire dalla metà degli anni '50 del secolo scorso in tema di cancerogenicità dell'amianto per il carcinoma pleurico
e per il mesotelioma e definitivamente acquisite, a partire dagli anni 80, in tema di rischi connessi all'esposizione a fibre di amianto, conoscenze queste che avrebbero imposto l'adozione di
adeguate misure antinfortunistiche, in concreto omesse dalla datrice di lavoro, prima garante del rispetto dell'obbligo di sicurezza; né l'accertamento del nesso di causalità può ritenersi
inficiato, come sembra prospettare parte ricorrente, dal fatto che il giudice di merito ha in concreto ritenuto ricorrere la ipotesi "eccezionale" di latenza, inferiore a quella normalmente
riconosciuta dalle letteratura scientifica; ciò in quanto, come ammette la medesima parte ricorrente, la letteratura scientifica non esclude in assoluto la possibilità di periodi di latenza
inferiori a quelli considerati normali; sul punto il convincimento della Corte di merito risulta logicamente e congruamente motivato in coerenza con il criterio del " più probabile che non" ,
proprio della imputazione della causalità nel processo civile, avendo in particolare il giudice di appello fatto riferimento all'assenza di "qualsivoglia prova" in ordine ai concreti rischi
connessi alla pregressa attività di fabbro svolta dal S.DL. nel periodo dal 1960 al 1974 presso officine private di lavorazione del ferro e all'assoluta irrilevanza del breve periodo di imbarco
su navi militari durante il periodo di leva, elementi questi intrinsecamente idonei a sorreggere il ragionamento probabilistico che collega l'epoca di insorgenza della malattia al periodo di
lavoro alle dipendenze di T. svolto presso i cantieri di Finmeccanica.
12. Il secondo motivo di ricorso è in parte inammissibile ed in parte infondato.
12.1. La denunzia del vizio motivazionale riferita, a quanto sembra evincersi dalla non chiarissima esposizione sul punto, alla
circostanza dell'espletamento di attività del S.DL. presso F. s.p.a. in epoca antecedente all'assunzione presso la società T., non è articolata in conformità dell'attuale configurazione dell'art.
360, comma 1 n. 5 cod. proc. civ. che esige che l'omissione sia riferita ad uno specifico fatto acquisito al giudizio, fatto inteso in senso storico fenomenico, evocato nel rispetto delle
prescrizioni dell'art. 366, comma 1 n. 6 cod. proc. civ., avente carattere decisivo nel senso dell'attitudine a determinare con carattere di certezza e non di mera probabilità un diverso esito
della lite (ex plurimis, Cass. Sez. Un. n. 8053/2014); la circostanza che si assume omessa, infatti, oltre ad essere evocata in termini del tutto generici mediante esclusivo riferimento a quanto
descritto in un parere tecnico INAIL riportato in sentenza, non è decisiva al fine dell'esonero della responsabilità di T. in assenza di specifico accertamento della Corte territoriale che anche
le attività svolte precedentemente all'assunzione implicassero esposizione alle polveri di amianto.
12.2. La deduzione di omesso esame riferita alla mancata ammissione della prova testimoniale risulta inammissibile per difetto di
decisività di alcune delle circostanze capitolate (v. in particolare punti 1 , 2, 8, 9 e 10, pag. 17 del ricorso per cassazione) e per la connotazione in termini valutativi delle altre ( punti 6,
7, pag. 17 de ricorso per cassazione).
12.3. Infine, è inammissibile la deduzione di vizio motivazionale ove riferita all'omesso esame della normativa vigente in quanto la
mancata considerazione della disciplina applicabile potrebbe, al più, configurare una violazione rilevante ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. e quindi costituire espressione di
errore di diritto, dovendo, sotto concorrente profilo, escludersi che la mancata previsione a livello normativo di un rischio connesso all'esposizione ad asbesto risulti intrinsecamente idonea ad
esonerare da responsabilità il soggetto datore di lavoro, ove tale rischio risulti comunque ricavabile dalle conoscenze scientifiche dell'epoca, come accertato dalla sentenza
impugnata.
13. Il terzo motivo di ricorso è infondato; non sussiste alcuna apparenza di motivazione avendo la Corte di merito esplicitato i
presupposti in fatto e le ragioni in diritto alla base dell'accertamento della responsabilità di T. s.p.a.; il fondamento normativo della responsabilità risarcitoria a carico di quest'ultima
società è infatti chiaramente individuato sulla base del riferimento all'art. 2087 cod. civ. (v. in particolare, pag. 9 sentenza, ultimo capoverso), norma di chiusura del sistema, dalla quale non
è dato evincere alcun esonero dalla responsabilità datoriale per il solo fatto che la prestazione avvenga in ambiente di lavoro rimasto nella disponibilità del committente; anche in tale ipotesi,
in presenza di un ambiente potenzialmente nocivo, è obbligo del soggetto datore di lavoro predisporre misure idonee e fornire adeguati dispositivi di protezione onde garantire che l'espletamento
della prestazione di lavoro avvenga in condizioni di sicurezza; in tal senso è significativo il richiamo operato dalla sentenza impugnata alla sentenza del Tribunale penale di Palermo nella parte
in cui aveva evocato le previsioni normative dell'epoca in tema di misure di prevenzione finalizzate ad evitare l'inalazione di polveri di fibre di amianto durante lo svolgimento di attività
lavorativa presso il cantiere di F. (sentenza, pag. 4), considerazioni valevoli anche al fine della configurazione della responsabilità della datrice di lavoro T..
14. Il quarto motivo di ricorso è infondato.
14.1. È noto che l'art. 2087 cod. civ. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva in quanto la responsabilità del datore di
lavoro - di natura contrattuale - va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento; qualora
sia accertato che il danno è stato causato dalla nocività dell'attività lavorativa per esposizione all'amianto, è onere del datore di lavoro provare di avere adottato, pur in difetto di una
specifica disposizione preventiva, le misure generiche di prudenza,._ necessarie alla tutela della salute dal rischio espositivo secondo le conoscenze del tempo di insorgenza della malattia,
escludendo l'esposizione della sostanza pericolosa, anche se ciò imponga la modifica dell'attività dei lavoratori, assumendo in caso contrario a proprio carico il rischio di eventuali tecnopatie
( v. tra le altre, Cass. n. 26495/2018, Cass. n. 10425/2014). La sentenza impugnata è conforme ai principi richiamati in quanto l'accertamento della responsabilità datoriale è stato fondato,
oltre che mediante il riferimento a specifiche norme di prevenzione (evocate per il tramite della sentenza penale di condanna dei dirigenti di F.), sulla espressa considerazione delle conoscenze
scientifiche dell'epoca in ordine alla nocività della esposizione ad amianto ed alla correlata necessità di adozione di misure antiinfortunistiche da parte del soggetto datore di
lavoro.
15. Il quinto motivo di ricorso è infondato per essere già in astratto insussistente la prospettata violazione delle norme sulla
competenza in quanto, come ripetutamente chiarito da questa Corte, in seguito dell'istituzione del giudice unico di primo grado, la ripartizione delle funzioni tra le sezioni lavoro e le sezioni
ordinarie del tribunale non implica l'insorgenza di una questione di competenza, attenendo piuttosto alla distribuzione degli affari giurisdizionali all'interno dello stesso ufficio ( Cass. n.
14790/2016, Cass. n. 20494/2009).
Esame dei motivi del ricorso (incidentale) di F. s.p.a.
16. Preliminarmente devono essere disattese le eccezioni con le quali G.DG. e A.DL. hanno dedotto la nullità della notifica del ricorso
per cassazione di F., notifica effettuata tramite p.e.c.: a) per avere il procuratore della società effettuato un' attestazione ex lege n. 53/1994 e succ. modifiche e integrazioni non riferibile
all'atto notificato in quanto nel redigere l'attestazione di conformità ha indicato di procedere alla notifica del "controricorso" laddove nel contenuto del file era stato inserito il " ricorso";
b) per essere l'indirizzo p.e.c. stato estratto dal registro INI -PEC, laddove unica notifica valida deve ritenersi quella effettuata ai sensi della I. n. 53/1994 all'indirizzo PEC del
destinatario risultante dal Registro Generale degli indirizzi Elettronici ( ReGindE).
16.2. La eccezione richiamata sub a) deve essere respinta per l'assorbente considerazione della efficacia sanante ex tunc riconoscibile
alla tempestiva notifica del controricorso, in assenza peraltro di specifica deduzione circa il concreto pregiudizio sofferto dagli eccipienti per effetto della rilevata discrasia fra l'atto
indicato nell'attestazione e l'atto effettivamente notificato, ed in coerenza con il principio di strumentalità delle forme e del "giusto processo", espressione della esigenza di effettività
della tutela giurisdizionale.
16.3. La eccezione richiamata sub b) è anch'essa da respingere sia in quanto dalla relata di notifica del ricorso per cassazione di F.
risulta che il riferimento all'indirizzo estratto dal registro INI-PEC concerne la notifica effettuata ai procuratori di T. e non anche a quella effettuata ai procuratori degli eccipienti sia
perché dell' indirizzo inserito nel pubblico elenco di cui all'art. 6 bis del d.lgs. n. 82 del 2005, il difensore è obbligato, ai sensi di quest'ultima disposizione, a darne comunicazione al
proprio ordine e quest'ultimo è obbligato ad inserirlo sia nei registri INI PEC, sia nel ReGindE, di cui al d.m. 21 febbraio 2011 n. 44, gestito dal Ministero della Giustizia ( Cass. n.
23620/2018).
17. Il primo motivo del ricorso di F. deve essere respinto; non è vero che la sentenza impugnata ha inteso configurare la responsabilità
della detta società come una sorta di "responsabilità oggettiva" in quanto la Corte territoriale, per il tramite del riferimento all'accertamento della sentenza penale del Tribunale di Palermo ha
dimostrato di imputare a F. la violazione di prescrizioni antinfortunistiche, sia normativamente previste sia comunque desumibili dalla prevedibilità dell'evento alla luce delle conoscenze
scientifiche dell'epoca (sentenza impugnata, pagg. 7 e 8); né a diversa conclusione può giungersi per il solo fatto che la Corte di merito ha inteso disattendere gli esiti delle consulenze
tecniche di ufficio di primo e secondo grado in quanto la difforme conclusione alla quale è pervenuta la Corte territoriale risulta ampiamente argomentata sulla base delle risultanze in atti
poste a fondamento della inferenza probabilistica che sorregge l'affermazione della responsabilità risarcitoria delle società convenute, come già evidenziato ( v. paragrafo 11).
17.1. La deduzione con la quale si denunzia l'assenza di prova dello svolgimento da parte del S.DL. di attività lavorativa presso i
cantieri della società è inammissibile perché non sorretta, in violazione dell'art. 366, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., dalla specifica esposizione del fatto processuale con riferimento alle
allegazioni in fatto e deduzioni in diritto formulate dalle parti in relazione a tale questione; la sentenza impugnata mostra di ritenere pacifica la circostanza dello svolgimento della
prestazione di lavoro presso i cantieri di Finmeccanica, oggetto peraltro di specifica allegazione degli originari ricorrenti secondo quanto evincibile dallo storico di lite della sentenza
impugnata, per cui onde impedire una valutazione di novità della questione, era onere del ricorrente quello di allegare l'avvenuta deduzione di essa innanzi al giudice di merito ed inoltre, in
ossequio al principio di specificità del ricorso per cassazione, quello di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo avesse fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di
controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito, (Cass. 20694/2018, 15430/2018, 23675/2013), come viceversa non è avvenuto; in concorrente prospettiva deve ,
inoltre, evidenziarsi, che a fronte di una sentenza che manchi di indicare le fonti probatorie di un determinato accertamento, il ricorrente per cassazione non può limitarsi a lamentare il vizio
di omessa motivazione, giacché altrimenti la censura postulerebbe la caducazione della decisione non per una concreta lesione sofferta dalla parte stessa, bensì solo per ragioni formali, ma ha
l'onere di denunciare in maniera specifica che, contrariamente a quanto asserito dal giudice, nell'ambito degli elementi probatori non ne esistono di idonei a giustificare il convincimento
espresso ( cfr. tra le altre, Cass. n. 1593/29017).
17.2. Privo di pregio è anche l'argomento fondato sui limiti alla configurabilità di una responsabilità del soggetto committente in epoca
antecedente al lgs. n. 626/1994; premesso, infatti, che la Corte distrettuale ha fatto proprio l'accertamento della sentenza penale n. 2093 /2010 del Tribunale di Palermo circa le condizioni di
lavoro nel cantiere navale ove prestava la propria attività il S.DL., condizioni connotate, tra l'altro, da "usuale promiscuità delle lavorazioni svolte a bordo nave" e dall' assenza di
qualsivoglia accorgimento volto ad impedire l'estensione dell'inquinamento, ad altre zone del cantiere quali, in particolare la mensa, i magazzini e gli spogliatoi, la responsabilità del soggetto
committente appare pienamente giustificata alla luce dell'interpretazione costituzionalmente orientata dall'art. 2087 cod. civ. in quanto proprio le caratteristiche di nocività dei luoghi in cui
veniva svolta l'attività lavorativa, rimasti, per come pacifico, nella sostanziale disponibilità e controllo della società F., implicava l'assunzione a carico di quest'ultima dell'obbligo di
sicurezza unitamente al soggetto datore di lavoro.
18. Il secondo motivo di ricorso è infondato; richiamato quanto sopra osservato al paragrafo 11. in punto di conformità dell'accertamento
del nesso causale operato dalla Corte territoriale ai criteri di cui all'art. 40 e 41 cod. civ., nella motivazione della sentenza impugnata non è dato riscontrare alcuna lacuna circa la
individuazione delle misure di prevenzione da adottare, individuazione che risulta a contrario desumibile dalle specifiche carenze riscontrate nelle condizioni di lavoro presso il cantiere navale
di Palermo quali descritte alla pagg. 7 e sgg. della sentenza impugnata.
19. Il terzo motivo di ricorso incidentale è inammissibile per non essere la deduzione di vizio motivazionale correlata alla nuova
configurazione del motivo di ricorso per cassazione di cui all'art. 360 comma primo n. 5 cod.proc.civ .. A riguardo le Sezioni unite di questa Corte hanno chiarito che "la riformulazione
dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni
ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia
motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza
impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione
apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di
"sufficienza" della motivazione" (. In particolare è stato precisato che il controllo previsto dal nuovo n. 5) dell'art. 360 cod. proc. civ. concerne l'omesso esame di un fatto storico,
principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito
oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). In conseguenza, la parte ricorrente sarà tenuta ad
indicare, nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui agli artt. 366, primo comma, n. 6), cod. proc. civ. e 369, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. - il fatto storico, il cui esame sia stato
omesso, il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l'esistenza, il come e il quando (nel quadro processuale) (cfr. per
tutte, Cass. Sez. Un. n. 8053/2014).
Alla luce della giurisprudenza richiamata il motivo in esame risulta inidoneo alla valida censura della decisione posto che esso si
risolve nella inammissibile sollecitazione di una rivalutazione nel merito di elementi comunque già presi in considerazione dalla Corte territoriale (sentenza, pagg. 4 e 5) e in ogni caso privi
di decisività una volta esclusa, come ritiene la sentenza impugnata, la prova dell'esposizione ad asbesto in epoca anteriore all'attività prestata dal S.DL. presso F..
20. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile per difetto di specificità. La questione della prescrizione e della verifica della
idoneità di eventuali atti interruttivi non risulta affrontata dalla sentenza impugnata per cui era onere dell'odierna ricorrente dimostrarne, come, viceversa non avvenuto, la avvenuta rituale
deduzione nelle fasi di merito, secondo quanto osservato al paragrafo 17.1. . Non soccorre a tal fine il riferimento alla memoria difensiva di primo grado (ricorso F., pag. 36, primo capoverso)
sia per la inammissibilità del rinvio per relationem agli atti di causa sia perché, comunque, non è allegato che la eccezione era stata riproposta nella memoria di costituzione in appello, come
onere della parte vincitrice in primo grado ai sensi dell'art. 346 cod. proc. civ. (v. tra le altre, Cass. n. 24124/2016, Cass. n. 19828/2013, Cass. n. 14086/2010).
21. Il quinto motivo di ricorso è infondato atteso che la esistenza del pregiudizio connesso alla perdita del rapporto parentale
costituisce frutto di presunzione iuris tantum superabile dalla prova contraria del convenuto (Cass. n. 9010/2022), la quale nello specifico non risultata essere stata offerta dalla società
convenuta.
Al rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale consegue il regolamento secondo soccombenza delle spese di lite che vengono
liquidate in favore degli originari ricorrenti. Atteso l'esito del giudizio le spese fra le due società sono compensate.
22. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte delle società ricorrenti dell'ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale.
La Corte riunisce ricorsi e li rigetta entrambi. Condanna ciascuna società alla rifusione delle spese di lite in favore dei controricorrenti G.DG. e A.DL., che liquida in € 5.000,00 per compensi professionali € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. Compensa le spese di lite fra le due società.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, camera di consiglio del 18 ottobre 2022